a471462b8816a660a0fdf85360d77be13b4a8dda

© Copyright 2025 Sandro De Angelis - Psicologo e Psicoterapeuta

 

 | Trofarello | Whatsapp +393801442101

Informativa sui Cookie

Perché l'instabilità ci attrae? Schore, Bowlby e il paradosso della "noia" nelle relazioni

2025-07-15 12:21

Array() no author 85155

Psicoterapia, Allan Schore, John Bowlby, Mary Ainsworth, teoria attaccamento, noia, ambiente emotivo, instabilità, Modelli Operativi Interni, regolazione affettiva,

Perché l'instabilità ci attrae? Schore, Bowlby e il paradosso della "noia" nelle relazioni

l'attrazione per l'instabilità è il linguaggio di un cervello che cerca la familiarità del suo primo "ambiente emotivo".




Ti è mai capitato di osservare un'amica, un amico, o forse te stesso, passare da una relazione turbolenta all'altra? Persone che sembrano calamitate da partner emotivamente instabili, imprevedibili e caotici, per poi descrivere partner potenziali, stabili e sereni come "noiosi" o "piatti"?


Non si tratta di un gusto per il dramma o di una scelta masochista. La radice di questa attrazione paradossale è molto più profonda e si trova scolpita nella nostra neurobiologia e nei nostri primi legami affettivi. Per capirla, dobbiamo esplorare le intuizioni rivoluzionarie di Allan Schore e vedere come si legano alle celebri teorie sull'attaccamento di John Bowlby e Mary Ainsworth.



Il cervello che impara l'amore: la teoria della regolazione di Allan Schore


Allan Schore, un pioniere nel campo della neuropsicoanalisi, ha dedicato la sua vita a studiare come le prime interazioni tra un bambino e chi si prende cura di lui (il caregiver) modellino letteralmente lo sviluppo del cervello.


Secondo Schore, il compito principale di un genitore "sufficientemente buono" non è solo nutrire e pulire il bambino, ma regolare i suoi stati emotivi e fisiologici. Quando un neonato è spaventato, agitato o stressato, il suo sistema nervoso è in uno stato di alta attivazione (iper-arousal). Un caregiver sintonizzato risponde in modo calmo e coerente: lo culla, gli parla con voce dolce, lo rassicura. In questo modo, il cervello del bambino "impara" a passare da uno stato di stress a uno di calma. Questa capacità di auto-regolazione diventa la base per la salute mentale futura.


Ma cosa succede quando si cresce in un ambiente relazionale instabile?


Se il caregiver è a sua volta ansioso, depresso, incoerente o spaventante, invece di regolare lo stato del bambino, lo dis-regola. Il bambino vive in un'altalena emotiva costante: picchi di stress, momenti di abbandono, seguiti forse da riconciliazioni intense ma imprevedibili.


Il suo cervello, invece di imparare che la calma è lo stato di base, impara che la normalità è il caos. L'alta attivazione, con il suo cocktail di ormoni dello stress come il cortisolo e l'adrenalina, diventa il suo stato di "default", la sua impronta neurale della relazione.



Il paradosso della noia: perché la stabilità sembra strana


Arriviamo al dunque. Una persona il cui cervello è stato "cablato" per l'instabilità, una volta adulta, va alla ricerca di ciò che le è familiare a livello procedurale, implicito, non conscio.


Quando incontra una persona stabile, calma e prevedibile, il suo sistema nervoso non sa come reagire. La mancanza di picchi emotivi, di drammi, di intense discussioni e appassionate riconciliazioni viene interpretata dal suo cervello non come "sicurezza", ma come assenza di stimoli. È come essere abituati a vivere vicino a un'autostrada e trasferirsi di colpo in una silenziosa casa di campagna: il silenzio può essere assordante, quasi inquietante.


La persona stabile appare "noiosa" perché non attiva quei circuiti neurali ad alta intensità a cui il cervello è abituato. L'attrazione, la passione, l'amore stesso sono stati inconsciamente associati a quello stato di iper-attivazione. Un partner instabile, al contrario, offre proprio quel "rumore" familiare: l'imprevedibilità, l'intensità e le montagne russe emotive forniscono la scarica neurochimica che il suo cervello ha imparato a riconoscere come "connessione".



L'eco del passato: Bowlby, Ainsworth e i Modelli Operativi Interni


La prospettiva neurobiologica di Schore non è nata nel vuoto. Essa fornisce la base fisica a ciò che John Bowlby e Mary Ainsworth avevano teorizzato decenni prima con la Teoria dell'Attaccamento.


John Bowlby sosteneva che le prime esperienze relazionali creano dei Modelli Operativi Interni (MOI), ovvero delle mappe mentali su come funzionano l'amore, il sé e gli altri. Se un bambino impara che "per essere amato, devo gestire l'imprevedibilità di chi si cura di me", da adulto cercherà relazioni che confermino quella mappa. Non lo fa perché vuole soffrire, ma perché il suo sistema è programmato per cercare ciò che conosce, nel tentativo di padroneggiarlo.


Mary Ainsworth, con il suo famoso esperimento della "Strange Situation", ha mostrato come questi modelli si traducono in stili di attaccamento specifici (sicuro, insicuro-ansioso, insicuro-evitante, disorganizzato). Le persone cresciute in ambienti instabili sviluppano spesso uno stile di attaccamento insicuro o disorganizzato. Sono proprio questi stili a predisporre alla ricerca di partner che, in un modo o nell'altro, replicano le dinamiche disfunzionali del passato, rendendo la stabilità di un partner sicuro quasi incomprensibile.



Uscire dal ciclo: si può imparare ad amare la calma?


La buona notizia è che non siamo condannati a ripetere il passato all'infinito. Riconoscere questo schema è il primo, fondamentale passo.


  1. Consapevolezza: Capire che l'attrazione per l'instabilità non è una colpa, ma una risposta neurobiologica appresa, riduce il senso di colpa e apre la porta al cambiamento.

  2. Psicoterapia: Un percorso terapeutico è lo strumento più efficace. Attraverso la relazione con un terapeuta stabile e sintonizzato, è possibile fare un'esperienza emotiva correttiva. Si può letteralmente "ricablare" il cervello, imparando a tollerare la calma e a riconoscerla non come noia, ma come sicurezza.

  3. Scelte Consapevoli: Inizialmente, una relazione sana potrebbe sembrare noiosa. La sfida è resistere all'impulso di creare drammi o di fuggire, e dare a sé stessi il tempo di costruire nuovi percorsi neurali in cui la pace diventa sinonimo di amore e connessione.

In conclusione, l'attrazione per l'instabilità è il linguaggio di un cervello che cerca la familiarità del suo primo "ambiente emotivo". Comprendere questo meccanismo ci permette di guardare a noi stessi e agli altri con più compassione e, soprattutto, ci indica la strada per poter, finalmente, trovare pace nel silenzio rassicurante di un amore stabile.




© Copyright 2025 Sandro De Angelis - Psicologo e Psicoterapeuta

 

 | Trofarello | Whatsapp +393801442101

Informativa sui Cookie